L'imenoforo inoltre
può essere localizzato
anziché all'esterno del fungo, come nei casi
precedentemente citati, anche all'interno dello
stesso come, sempre ad esempio, nei funghi dei
generi Lycoperdon e
Scleroderma.
Tra le diverse forme di funghi una particolare
importanza viene data a quelli con gambo e
cappello e con l'imenoforo a lamelle o a tubuli
e pori, ed è fra questi, cosiddetti "a
forma di fungo", che si trova la maggior
parte dei miceti che hanno un notevole
interesse dal punto di vista alimentare.
Il fungo classico presenta
superiormente il cappello anche detto pileo.
Empiricamente si considerano di taglia grande
tutti i funghi il cui cappello oltrepassa i 10
cm di diametro; di taglia media tra i 5 e 10
cm; di taglia piccola sotto i 5
cm.
Il cappello può presentarsi con varie
forme, infatti può essere:
SFERICO;
EMISFERICO;
CONVESSO, forma
classica in moltissimi funghi; PIANEGGIANTE,
frequente negli esemplari adulti; a questo
proposito è necessario sottolineare che la
forma del cappello può variare molto
durante lo sviluppo del carpoforo, per cui
nell'esemplare giovane questo è
generalmente chiuso intorno al gambo assumendo
spesso una forma rotondeggiante; in seguito
tende ad aprirsi, allargarsi, fino a divenire
in certi casi pressoché pianeggiante; per
questa ragione l'osservazione deve essere
effettuata sul fungo ben sviluppato, ossia
né troppo giovane né troppo maturo;
comunque sarebbe opportuno poter effettuare
l'osservazione in tutti gli stadi del suo
sviluppo. Il cappello può essere
CAMPANULATO, simile
a una campana; CONICO, dalla
classica forma di cono, comune a molti funghi;
UMBONATO-ACUTO, con
al centro un circoscritto
rigonfiamento; UMBONATO-OTTUSO,
con un largo e arrotondato rigonfiamento
centrale.
Il cappello può essere
IMBUTIFORME,
ovviamente ricordante la forma di un imbuto;
IMBUTIFORME-UMBONATO, forma
simile alla precedente ma con al centro un
rilievo più o meno ampio; DEPRESSO,
leggermente incavato all'interno nella zona
centrale; a proposito, la parte centrale del
cappello viene definita
disco; OMBELICATO,
con al centro una piccola e profonda
cavità; PAPILLATO, con un
piccolo e centrale rilievo sporgente;
GIBBOSO,
irregolarmente bitorzoluto; PULVINATO, (dal
lat, pulvinus =
cuscino) con aspetto guancialiforme;
GLANDIFORME, anche
detto OGIVALE.
Il cappello può anche essere
DIMIDIATO,
caratteristica di molti funghi lignicoli (in
senso generale fungo senza gambo o con gambo
laterale che si sviluppa in modo
semicircolare); SPATOLIFORME,
ricordante una spatola; RENIFORME (es.
Ganoderma
lucidum);
FLABELLIFORME,
cioè a forma di ventaglio; SESSILE A MENSOLA,
privo di gambo e prominente ed ancora altre,
tra le forme più
disparate.
La superficie del cappello può
presentare:
VERRUCHE, queste
più o meno piatte ed estese o talvolta
piramidali, le quali sono i residui del velo
generale, ossia di quella membrana che avvolge
completamente il carpoforo allo stadio
primordiale in determinate specie, specialmente
del genere Amanita;
FIBRILLE
INNATE,
ossia insite nella struttura
cuticolare, uno dei caratteri principali
che distingue la mortale Amanita
phalloides; SQUAME ACUTE,
caratteristica comune di molti funghi;
SQUAME
APPRESSATE, con desquamature ravvicinate
disposte in senso radiale; ZONE, con delle
fasce discolori più o meno concentriche;
SCREPOLATURE, con
la cuticola più o meno fessurata, talvolta
evidente solo in condizioni di siccità;
RUGHE,
con lievi solchi spesso irregolari per
lunghezza e profondità; PELI, per cui al
tatto sentiremo la villosità, attenzione,
da non confondere con la tomentosità, che
è data da peli sottili ma
corti.
Il margine (o orlo) del
cappello può essere:
LISCIO, carattere
ricorrente; STRIATO,
attenzione, non bisogna confondere la striatura
propriamente detta, osservabile anche quando il
cappello è disidratato (trattandosi di
striatura in rilievo), dalla striatura per
trasparenza, la quale si osserva quando il
cappello è traslucido perché imbevuto
d'acqua (in questo caso ovviamente la striatura
non presenterà rilievo); LOBATO, con delle
ottuse e irregolari scanalature; SOLCATO O
SCANALATO, con larghi solchi
e incisioni; PLISSETTATO,
cioè pieghettato, carattere tipico di
molti Coprinus; APPENDICOLATO,
attenzione, l'appendicolatura implica sempre
l'esistenza di un velo, i cui resti appunto la
costituiscono; il margine appendicolato viene
anche definito FIMBRIATO O
FESTONATO.
Il margine del cappello, visto in
sezione, può essere:
DRITTO, carattere
ricorrente in molti funghi; RICURVO, lievemente
ricurvo verso l'alto; REVOLUTO, ripiegato
decisamente verso l'alto; INVOLUTO,
notevolmente ricurvo verso
l'imenoforo; ECCEDENTE,
cioè superante l'inserzione della porzione
imeniale, da non confondere con appendicolato:
infatti, mentre l'appendicolatura come detto
prima, è costituita dalla presenza di un
velo, l'eccedenza esiste nelle specie prive di
velo ed è determinata dalla debordanza
della cuticola pileica, tant'è che al
posto di eccedente si usa spesso il termine
debordante.
Del cappello, oltre al colore, che
è importante ma non sempre
determinante ai fini diagnostici, in quanto
può variare moltissimo a seconda
dell'età del fungo, dell'habitat e delle
condizioni atmosferiche, è importante
verificare se la cuticola pileica può
essere parzialmente o totalmente separabile
dalla carne sottostante.
La separabilità è data
dalle ife della carne del cappello che
confluiscono o meno nella cuticola stessa.
È necessario osservare se questa è
RUVIDA,
LISCIA,
VELLUTATA, ancora
se è SECCA, UMIDA, GRASSA,
VISCOSA.
La viscosità è una sorta di
collosità e può non
manifestarsi a tempo secco, in questo
caso è sufficiente inumidire la cuticola
con un po' di saliva per metterla in evidenza.
Quando la viscosità forma uno strato
più denso si definisce GLUTINOSITÀ.
La carne:
Questo carattere andrà
osservato su tutto il carpoforo, anche se in
prevalenza l'esame sarà eseguito sul
cappello; andrà
osservata:
la CONSISTENZA, ossia
se è SPUGNOSA,
CARTILAGINEA,
SUBEROSA,
CORIACEA,
CASSANTE ecc.,
quest'ultimo carattere è riscontrabile
nella famiglia delle Russulaceae, dove
la carne si rompe come se fosse polistirolo in
quanto le cellule che la compongono sono
sferoidali e prendono il nome di SFEROCITI; al posto
di cassante si utilizza spesso il termine
GESSOSA. Andrà
osservata l'eventuale LATTESCENZA,
carattere tipico del genere Lactarius e alcune
specie del genere Mycena.
La lattescenza è data dal
contenuto di particolari ife dette laticiferi;
bisogna osservare se tale latice è
abbondante o scarso e soprattutto il suo colore
e se questo varia nel tempo.
In ultima analisi è necessario
assaggiarlo. È sufficiente una
piccolissima goccia sulla punta della
lingua; questa operazione ci permetterà di
verificare se è dolce o acre o addirittura
bruciante e se il sapore si manifesta
immediatamente o dopo un determinato
tempo.
Andrà osservata l'eventuale
IGROFANIA,
carattere di alcune specie capaci
di impallidire e opacizzarsi per
disidratazione; la REVIVISCENZA,
proprietà che si manifesta allorché
alcuni funghi disidratati, in presenza di
pioggia o forte umidità, riprendono il
loro aspetto naturale al punto da ricominciare
l'emissione di nuove spore, carattere tipico
del genere Marasmius e di
poche specie di altri
generi.
Andrà osservato l'eventuale
VIRAGGIO: il
viraggio è il cambiamento di colore della
carne esposta all'aria ed è un fenomeno
dovuto alla ossidazione e alla trasformazione
di certe sostanze contenute nella carne stessa
sotto l'azione di particolari enzimi. Del
viraggio bisogna verificare se è
istantaneo o meno, se avviene su tutto il fungo
o parte di esso. A volte il viraggio si
manifesta per sfregamento delle varie parti del
fungo, per esempio nel gambo e in altre parti
del tossico Agaricus
xanthodermus, il quale
oltreché divenire giallo odora fortemente
di fenolo (o inchiostro); ciò ci
ricorda di spendere qualche parola su
quest'altro carattere identificativo che
non deve essere
trascurato.
L'ODORE è un
carattere importantissimo che talvolta, se
è costante, è sufficiente per
determinare una specie; però c'è da
dire che, essendo il più soggettivo dei
sensi, può essere percepito
differentemente dalle persone, inoltre non
è facile esprimerlo in termini
appropriati. Tuttavia nei funghi gli odori
più comuni sono così
definiti:
FARINOSO: tipico
della Calocybe gambosa,
Clitopilus
prunulus, Entoloma sinuatum
ecc.;
TERROSO: odore di
terra umida;
ANISATO: presente
in Clitocybe
odora, Agaricus sylvicola
ecc.;
DI
PESCI O CROSTACEI COTTI: (es.
Russula
xerampelina);
DI
MANDORLE AMARE: (es. Agaricus
arvensis);
DI
COMPOSTI CLORATI (varechina): come
in Entoloma
nidorosum, Russula foetens
ecc.;
DI
FORMAGGI ODOROSI (camembert,
gorgonzola): (es. Hygrophorus
cossus);
Per identificare meglio questo
carattere è bene odorare esemplari ben
sviluppati ma ancora giovani. In rari casi
invece è meglio effettuare l'operazione su
esemplari adulti, come in Russula
xerampelina, la quale, in queste
condizioni, evidenzia maggiormente il suo
odore di crostacei
cotti.
L'odore si sente meglio al livello
dell'imenoforo, ma anche sulla carne tagliata
di fresco o stropicciata tra le
dita.
Se non riusciamo a identificare
l'odore inspirando delicatamente col naso,
possiamo racchiudere il fungo in un contenitore
ermetico che si riaprirà dopo qualche
tempo; in genere l'odore così concentrato,
è molto più
avvertibile.
Sotto al
cappello molto spesso ci sono le lamelle;
per stabilire i caratteri morfologici delle
lamelle, così come dei tubuli, è
necessario sezionare con un
coltello il fungo da
esaminare dall'alto verso il
basso, questa operazione ci
permetterà di osservare la
cosiddetta INSERZIONE,
cioè l'attaccatura rispetto al
gambo.
Le lamelle possono
essere:
LIBERE,
che non raggiungono il
gambo; DISTANTI,
decisamente separate dal gambo; ADNATE, queste
invece aderenti al gambo per tutta la loro
larghezza o quasi (la larghezza della lamella
va dall'orlo o filo fino all'attaccatura del
cappello detto dorso); SECEDENTI, che sono
lamelle adnate, per lo più nella prima
fase di crescita, poi facilmente staccabili dal
gambo e dalla carne del cappello; SMARGINATE,
formanti una piccola ansa prima di toccare il
gambo, carattere tipico del genere Tricholoma;
UNCINATE, ossia
decorrenti con un dentino sul gambo;
DECORRENTI, che
scendono lungo la parte superiore del gambo
più o meno in maniera continua;
CON
COLLARIUM: sono
lamelle inserite in una sorta di colletto
apicale che le
separa dal gambo.
Se osserviamo la faccia,
vediamo che le lamelle possono
essere:
STRETTE, cioè
ridotte in altezza; LARGHE, ossia
ampie, estese; ACUTE, acuminate,
aguzze; OTTUSE, con
una porzione più larga e arrotondata
rivolta verso il margine
pileico; ARCUATE, inarcate,
incurvate; VENTRICOSE, ossia
obese nella porzione
centrale.
Non meno importante
risulta l'osservazione dell'orlo o filo delle
lamelle che può
presentarsi:
INTERO O
CONTINUO;
IRREGOLARE;
SEGHETTATO; si
evidenzia che è molto utile e
spesso necessario effettuare questa
osservazione con l'ausilio di una
lente; CONCOLORE ALLA
FACCIA, PIÙ PALLIDO o
ancora, PIÙ SCURO DELLA
FACCIA come in Mycena
pelianthina.
Nella tav. 10 si
può osservare il riepilogo dei
caratteri delle lamelle: la FACCIA,
l'ORLO O
FILO, il DORSO, la
LARGHEZZA, lo
SPESSORE, i
SENI
INTERLAMELLARI, le LAMELLULE, di cui
non si è ancora parlato, le quali si
trovano tra una lamella e l'altra e mai toccano
il gambo; esse possono essere TRONCHE o
ROTONDATE e spesso
determinanti per il riconoscimento delle
specie. Si possono osservare lamelle
FITTE,
lamelle RADE. Le lamelle
possono anche essere BIFORCUTE, o
ancora, ANASTOMOSATE,
cioè lamelle collegate tra di loro
trasversalmente formando come un reticolo o
grossi alveoli.
Se al posto
delle lamelle troviamo i TUBULI, questi
possono essere:
DISTANTI, che
non arrivano al gambo; ADNATI;
DECORRENTI,
che scendono lungo la parte superiore del
gambo.
L'imenoforo
costituito da tubuli e pori
è facilmente
staccabile dalla carne del
cappello in quasi tutte le specie
del genere Boletus
(TUBULI
SEPARABILI), mentre nelle specie
appartenenti alla famiglia delle Polyporaceae s.l.,
i tubuli possono essere distinti ma non
separabili dalla carne o inseriti nella carne
stessa.
Nella parte inferiore
dei tubuli ci sono i PORI; questi
possono essere: ROTONDI;
POLIGONALI O
ANGOLATI;
LAMELLIFORMI;
LABIRINTIFORMI.
Il gambo, anche
detto stipite, può
essere:
CILINDRICO;
ATTENUATO IN ALTO,
ossia rastremato verso l'alto;
ATTENUATO IN BASSO,
che si riduce nella porzione
basale; A CLAVA O
CLAVIFORME, che si
ingrossa notevolmente nella porzione
basale; ARCUATO, incurvato;
FLESSUOSO,
cioè che assume una marcata
sinuosità.
Il gambo può anche
essere OBESO, forma caratteristica
in parecchie specie del genere Boletus;
FUSOIDE, a forma di
fuso; VENTRICOSO,
notevolmente rigonfio nella porzione
centrale; RADICANTE, quando
risulta inserito per un ragguardevole
tratto nel terreno; CON RIZOIDI, ossia
munito alla base di ciuffi miceliari;
CON
SCLEROZIO, il quale è un ammasso di
ife di riserva le cui sostanze sono utili al
fungo soprattutto nei periodi
sfavorevoli.
La base del gambo
può essere bulbosa; in questo caso il
bulbo viene
definito:
OVOIDALE, che
è una forma comunissima; BULBILLOSO, ossia
provvisto di un bulbo ovoidale ma molto
piccolo; NAPIFORME,
cioè simile a una radice o a forma di
cuore; MARGINATO, con il
bordo superiore netto, spigoloso; SUB-MARGINATO O
TURBINATO, che presenta la marginatura
del
bordo arrotondata.
Il gambo, che ha la
funzione di sostenere il cappello, di
definisce:
CENTRALE (ed
è la maggioranza dei
casi), quando si
trova a sorreggere il cappello nel centro;
ECCENTRICO, quando
sorregge il
cappello leggermente spostato
rispetto alla posizione centrale; LATERALE,
quando sorregge il cappello
lateralmente.
Per quanto riguarda
la struttura, può
essere:
ETEROGENEO, quando
si stacca molto facilmente dal cappello
(in realtà si usa dire solitamente che
è il cappello facilmente staccabile
dal gambo!); OMOGENEO, non
staccabile dal
cappello;
PIENO, compatto,
con la carne priva di lacune;
CAVO, completamente
vuoto all'interno;
CAVERNOSO,
internamente lacunoso; FARCITO, cioè
con la carne midollosa; FISTOLOSO, che
presenta all'interno una stretta
perforazione longitudinale; CORTICATO, con lo
strato superficiale
molto compatto.
Il gambo può
presentarsi ornamentato, in questo caso
può
essere:
CON VOLVA, la quale
è un residuo del velo universale (si
ricorda che il velo universale è la
membrana che avvolge completamente il carpoforo
nella fase primordiale); CON ANELLO, il
quale, a sua volta, è un velo
parziale; CON ARMILLE, cinto
da anellini in rilievo;
CON CORTINA,
particolare velo parziale con funzione
protettiva dell'imenoforo di aspetto ragnateloso; CON BANDE, le
quali sono ornamentazioni prive
di rilievo;
CON CALZA, avvolto
da una struttura
inguainante.
Il gambo può ancora
presentarsi:
CON RETICOLO, che
può essere a maglie larghe o
strette; CON SCROBICOLI, i
quali sono delle fossette stampate sul
gambo; CON
SQUAME, generalmente piccole
estroflessioni su tutta la superficie;
CON
PUNTEGGIATURE o
piccole SCABROSITÀ,
ossia minutissime decorazioni o asperità,
spesso osservabili solo con l'ausilio di una
lente; CON STRIATURE,
cioè rigato longitudinalmente;
CON SOLCHI O LACUNE,
carattere presente in molte specie del genere
Helvella.
Sul gambo può
esservi, a protezione dell'imenio, una
struttura più o meno membranosa detta
anello; questo viene
definito:
RUDIMENTALE, quando
si mostra poco
evidente; SUPERO,
quando è rivolto verso il basso;
INFERO,
l'esatto opposto del precedente. Una
spiegazione molto semplice è quella di
definire un anello supero, quando si può
facilmente staccare dal basso verso
l'alto, mentre è detto infero quando
questo, al contrario, può essere
facilmente staccato dall'alto verso il basso;
SUPERO E
DOPPIO, INFERO E DOPPIO,
questi ultimi schematizzati in sezione nella
tavola;
ancora,
CINGOLATO O A RUOTA
DENTATA;
SUPERO A
GONNELLA; SUPERO STRIATO,
dove la striatura è determinata
dall'impronta delle lamelle; SCORREVOLE, quando
può scorrere facilmente sul gambo e che
può essere SEMPLICE O
DOPPIO.
Infine, riprendendo
il discorso della presenza sul gambo della
volva, questa può
essere:
LIBERA, ossia con i
lembi superiori ampi e distanti dal
gambo; CIRCONCISA, molto
aderente al gambo ma superiormente
staccata; INGUAINANTE, che
riveste il gambo per un lungo
tratto; DISSOCIATA IN
ANELLI; DISSOCIATA IN PERLE O
VERRUCHE.
Questi sopra
citati sono i più comuni caratteri
morfologici e organolettici che è
necessario osservare per poter
identificare
i funghi.
Si evidenzia
che in molti casi per giungere ad una
corretta identificazione, come già citato
all'inizio di questa sintetica esposizione,
è molto utile la verifica delle reazioni
macro e microchimiche sulle diverse parti del
carpoforo ed è spesso indispensabile lo
studio al microscopio delle varie strutture del
fungo.